5 motivi per cui Beppe Sala mercoledì non si dimetterà.
I casi sono due: c’è già dell’altro e Sala è seriamente nei guai, oppure (al momento) è tutto qui e lui prepara un ritorno agli scranni di Palazzo Marino dal sentore plebiscitario.
L’accusa è di concorso in falso ideologico e falso materiale, l’appalto è il più sostanzioso dell‘esposizione universale, l’indagato è il sindaco di Milano (già commissario e AD di Expo 2015 SpA) Beppe Sala, l’inquirente è la procura generale, la proroga delle indagini è di sei mesi. L’introduzione al tema la trovate nel pezzo che precede questo mentre la domanda del giorno è: perché mercoledì prossimo, quando è previsto il prossimo consiglio comunale, Sala non si dimetterà dalla carica di primo cittadino?
- L’accusa in sé non è (al momento) preoccupante. Consapevole o meno della falsificazione dei due verbali, Sala fu messo a capo di Expo col preciso compito di accompagnare a tappe forzate il mega-evento alla sua inaugurazione, e questo fece. Le implicazioni legali e illegali di questa scelta di governance, sono inequivocabili e ben più pesanti della pietra dello scandalo. Ammesso che questo falso non abbia influito sull’assegnazione del maxi-appalto, non è sulla verifica di congruità dell’appalto che si gioca, oggi come ieri, la partita politica. Questo punto aiuta a chiarire da un lato quanto velleitarie siano le posizioni manettare (in verità patrimonio di pochissimi), dall’altro rivelano la fragilità della scelta “sinistra” di Sala-sindaco, qualora il quadro accusatorio si aggravasse.
- La politica non ha interesse nelle sue dimissioni. Da destra a sinistra, dall’arcivescovo ai timidissimi cinquestelle (imbarazzati certo dalla disastrosa, per loro, e fortunatissima, per Sala, coincidenza romana) sembra che nessuno voglia rinunciare al sindaco. Prima gli appelli degli intellettuali, quindi gli sdraiati commenti dei professionisti, profilano una manovra a tenaglia che ci consegna una verità: la partita sugli scali ferroviari, la cessione di A2A, la questione Trenord e compagnia cantante non sono procrastinabili. A Milano nessun gruppo consiliare (ma possiamo chiamare in caso serenamente anche Regione Lombardia) ha interesse ad andare a nuove elezioni e quindi, finché possibile, si resta tutti sul battello di Caronte.
- Il disvelamento del teorema della “sensibilità renziana” non scuote le coscienze. Aver avocato l’indagine prima, chiederne oggi la proroga semestrale, è un manifesto schiaffo della PG alla stagione della “sospensione del giudizio” di marca renziana. Che sia stato un monito per archiviare l’infelice parentesi, o un tardivo tremito per denunciarne i pericoli, nessuno ha colto il messaggio…tranne chi non attese le mosse delle procure per monitorare e denunciare politicamente i rischi della gestione commissariale dell’interesse pubblico e tempestivamente disse NO all’opzione di Expo.
- L’aggressività di Sala dimostra paura ma anche disponibilità allo scontro. Beppe Sala ha diverse fortune in settimana. Oltre alla conferma da parte del partito e dei commentatori, senza una sola ombra di avviso di garanzia è stato sostanzialmente invitato in procura per sentire se aveva da dire due parole. Lui invece prima si mette in sciopero in attesa che la politica e l’imprenditoria ne reclamino il ritorno a beneficio della città (la loro città) così da presentarsi come indispensabile per le sorti della metropoli. Quindi, in un quadro che ha già visto frantumarsi il governo e con un occhio al precipitare della situazione capitolina, delega al suo avvocato il compito di capire cosa ha da dirgli la procura…nulla essendo le indagini in corso. Un nulla che andava corroborato da un’immagine pubblica di uomo vincente e coincidente con l’immagine di una città, o meglio del suo governo, che ne attende la conferma nella carica di primo cittadino.
- La frittata di Expo è fatta: si procede fuori tempo massimo o si sposta lo sguardo su Roma? C’è un tema di opportunità da non sottovalutare. Le due città più significative dello stivale sono a un passo dal baratro che, per ragioni differenti, ha appena travolto il governo. Nessuno vuole andare a nuove elezioni per il parlamento, figurarsi rimettere in discussioni i due super-consigli in carica da meno di un anno. Le pressioni in questo senso convocano nuovamente i movimenti sociali a una riflessione tutta politica sulla tenuta del parlamentino meneghino, al di là di ogni diatriba sul garantismo a tempo determinato.
Il blocco di potere rappresentato sulle sedute di Palazzo Marino non sa e non vuole leggere il fatto contestato come conseguenza inevitabile del modello di accelerazione e gestione eccezionalista sperimentato a Milano in vista del 2015.
Le conseguenze di questo modello non sono differenti da quelle già viste in altri laboratori di governance commissariale: dalla protezione civile dell’epoca Bertolaso ai cantieri dell’alta velocità valsusina, passando per l’Aquila o per le discariche campane. Il corollario giudiziario di alcuni di questi esperimenti non è che la conferma che la teoria delle mele marce è una bufala e che l’ingranaggio eccezionalista è un tendenziale motore di malaffare e di inciampi amministrativi. Oggi inciampa Beppe, mercoledì torna tutto apposto.
O c’è dell’altro? Dell’altro che sta in procura, non lo si ripete mai abbastanza, meglio diffidare. Dell’altro che c’è da dire, da fare e disfare in città…questa vicenda non è che una nuova, attesa, conferma.